mercoledì 30 gennaio 2013

L'uso e l'abuso


Ricordate Mazzarò, avido protagonista de La roba di Verga? Quel ricco contadino che accumulava senza sosta, e che di fronte alla morte imminente perde il lume della ragione, perché non riesce ad accettare di doversi separare dalla sua proprietà? E ricordate il Marchese del Grillo, che non sa nemmeno dove finiscono le sue terre, e brucia mobili di pregio per scaldarsi nel suo casale abbandonato e fatiscente? E adesso pensate alla vostra cameretta da adolescenti, all'amore con cui la "arredavate" con quei pochi soldi che avevate a disposizione. Il poster di Maradona, la chitarra appesa al muro (magari era quella che aveva suonato papà da giovane), i bonghetti sullo scaffale, i libri (quelli economici, ovviamente, tipo i tascabili Newton da mille lire) e così via. Da una parte, la logica della proprietà, dello spreco che le è inevitabilmente connaturato, della gara a chi arraffa di più; dall'altra, la logica dell'uso.

Una mente ingenua spesso affronta la questione nei termini dell'avere troppo, o troppo poco. E così il buon Dickens, pieno delle migliori intenzioni, ma anche borghese fino al midollo, in A Christmas Carol risolve l'enorme e annosa questione della cupidigia eretta a sistema attraverso l'intervento del soprannaturale, sotto forma di visioni che trasformano l'egoista Scrooge in un uomo sensibile e generoso. Ma è la carità, nel senso di elemosina, che redimerà dalla loro miseria e infelicità le classi lavoratrici, schiave dei dark satanic mills proprio come un tempo erano state rese schiave dalla servitù della gleba? Will it bollocks, come direbbero a Grumo Nevano. I paradigmi restano identici. Il buon cuore del singolo è un poor substitute di un ordinamento razionale e, perciò, equo.

Per mille fregate battenti bandiera britannica, mi rendo conto che mi sto facendo prendere la mano. Riferimenti letterari e locuzioni più o meno colloquiali ci allontanano dall'itale sponde per approdare a quelle della perfida Albione. Prima che io impazzisca del tutto e scenda di casa in pantofole per un piatto di pie and mash che non troverei in tutta la circoscrizione Arenella, sarà bene che mi dia un sussiego degno della mia età e, soprattutto, della mia epa. Get a grip on yourself, mi direbbero a San Marcellino. 

Attraversiamo ordunque l'Atlantico, anziché costeggiarlo da Gibilterra fino a Southampton; rechiamoci in Uruguay, il paese del Matador Cavani, di Eduardo Galeano, e del presidente Pepe Mujica. Molti di voi sapranno che il leader della nazione sudamericana ha rinunciato a una parte consistente del suo stipendio per usarla nella lotta alla povertà. Non un'elemosina quindi, sporadica e di entità limitata, bensì la costante rinuncia al lusso. Ma l'elemento più importante non è questo. Quello che mi interessa di più è il motivo per cui Mujica devolve circa il 90% del suo stipendio di Presidente della Repubblica. 

“Quiero tener tiempo para dedicarlo a las cosas que me motivan. Y si tuviera muchas cosas tendría que ocuparme de atenderlas y no podría hacer lo que realmente me gusta. Esa es la verdadera libertad, la austeridad, el consumir poco. La casa pequeña, para poder dedicar el tiempo a lo que verdaderamente disfruto. Si no, tendría que tener una empleada y ya tendría una interventora dentro de la casa. Y si tengo muchas cosas me tengo que dedicar a cuidarlas para que no me las lleven. No, con tres piecitas me alcanza. Les pasamos la escoba entre la vieja y yo; y ya, se acabó. Entonces sí tenemos tiempo para lo que realmente nos entusiasma. No somos pobres”

Non siamo poveri, mia moglie (la vieja) ed io. Abbiamo quello che desideriamo, che ci rende felici. Abbiamo ciò di cui possiamo godere, e non dobbiamo preoccuparci che possano sottrarci la nostra proprietà. Abbiamo la libertà di fare ciò che ci piace. E a lungo andare, questo lo aggiungo io, ciò che fai diventa ciò che sei.

Non so voi, ma io ho l'impressione che se questa nostra Italia, e più in generale questa nostra Europa, si ispirasse un po' meno a Mazzarò e un po' di più a Pepe Mujica, forse potrebbe approdare a un futuro in cui si possa dire con serenità: no somos pobres.

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