sabato 21 giugno 2014

L'onestà andrà di moda?

Cari amici del Bradipo, sappiate che questi splendidi occhi azzurri hanno visto svariate manifestazioni dell'orribile, in 41 anni di vita. Se tante volte a generarle era la sventura, o cause di forza maggiore, c'era e c'è poi tutta una fenomenologia del raccapriccio volontario e consapevole. Ad esempio, quando io ero adolescente, si portavano i pantaloni a zompafuosso: non è che ci fosse una tale miseria che avevamo bisogno di risparmiare quei pochi centimetri di stoffa, è che andavano di moda così, i pantaloni. Serviva a far vedere gli orribili calzettoni Burlington, che costavano al paio più o meno quanto una multiproprietà al Sestriere, e ti davano l'aria di un gentleman inglese dell'era tardo-vittoriana ad una battuta di caccia. Tu lo sapevi, ma azzelliavi i tuoi genitori fin quando non te ne compravano uno o più paia, e dopo te li mettevi pure. Si portavano.

A stabilire quello che andava di moda non era il gusto collettivo, una sorta di minimo comun denominatore delle preferenze individuali; erano decisioni prese colà dove si puote, ovvero al livello di un network di "agenti culturali" che andavano dalle agenzie pubblicitarie all'industria musicale, passando per il cinema e la televisione. L'alternativa, nella percezione di un quattordicenne degli anni Ottanta, era secca: o ti vestivi come uno spaventapasseri, spendendo anche discrete somme per farti identificare come imbecille, oppure ti rassegnavi alla morte sociale, alla solitudine e al perpetuo scherno delle genti.

Mo', a noi nessuno ci pagava per vestirci da paninari. Non avevamo alcun interesse economico a farlo. Figuriamoci un po' come possono andare le cose nella sfera pubblica, dove questo interesse c'è, ed è molto spesso incontrastato, in quanto unico principio di sopravvivenza e, laddove è possibile, di prosperità. Dunque, che senso ha dire che "l'onestà andrà di moda", quando non si ha un'idea di come diffonderla, promuoverla, renderla oggetto di emulazione?

Volete sapere come ci rendevamo conto, i miei compagni di scuola e io, che qualcosa era passata di moda? Semplice: guardavamo come andavano vestiti quelli che avevano più successo con le ragazze. Quelli, i maschi alfa, imponevano modelli e codici. Sarebbe stato perfettamente inutile dirci che facevamo ridere con quelle cinture dalle fibbie sproporzionate e quei giubbini stile omino Michelin. Era inutile. Mia madre me lo ripeteva continuamente, con risultati nulli. Quando gli iniziati all'imtimità sessuale dismettevano il fibbione da mezzo chilo, noi li imitavamo. 

Se vogliamo che l'onestà vada di moda, io credo che il meccanismo non debba essere troppo diverso. Mostratemi che l'onestà paga, che ti fa fare strada, che ti dà la possibilità di migliorare la tua condizione. Fornitemi un modello vincente di onestà, uno stuolo di onesti che non subiscono continuamente gli strali della sorte avversa, per dirla con quel famoso poeta di S. Maria Capua Vetere. Io ormai sono abituato e rassegnato a prendere le mazzate dietro le orecchie, come dicono nel Lanarkshire settentrionale; le masse ignave no. Se vedranno l'onestà arricchire, in tutti i sensi, i loro vicini, i loro parenti, i loro amici, la abbracceranno con entusiasmo. Ma se resterà solo un nobile principio, la consolazione morale degli sconfitti, l'onestà, ahimé, non andrà mai di moda.

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