martedì 1 aprile 2014

La sinfonia dei galli


No, cari amici del Bradipo, non voglio parlarvi di quando Vercingetorige sollevò la bacchetta e la Filarmonica di Alesia deliziò con le sue note i legionari romani che s'apprestavano a pugnare; anche perché questo episodio storico è del tutto inventato, come spero abbiate avuto la sagacia di intuire. Oggi è primo aprile, è anche più facile aspettarsi la burla. Ma purtroppo, parlando in generale, la nostra capacità di leggere la storia, al di là della eclatante falsità di talune ricostruzioni, è - mi si perdoni il gioco di parole - ai minimi storici. 

Temo sia passato quel nefasto messaggio, quella bislacca ma seducente idea che la storia fosse finita. Perché seducente? Per le classi dominanti, è chiaro. Se non lo capite siete intellettualmente impreparati perfino per un blog terra terra come questo, e io mi lavo le mani di voi. Ma c'è tutto un altro, meno ovvio "bacino d'utenza" di questa idea: il ceto medio intellettuale, di estrazione prevalentemente sinistrorsa. 

Cosa fate voi, miei cari lettori, dopo pranzo? Io avverto sempre una certa pesantezza, per cui se non mi faccio mezz'ora steso sul letto non servo a niente per tutta la giornata. Non so, ma ipotizzo che nessuno di voi torni ad aggredire la dispensa mentre è ancora impegnato a digerire il pasto principale della giornata. Lo stesso vale per qualsiasi altra attività che implichi un appetito da soddisfare. Il marito tradisce la moglie - o viceversa - quando la libido non trova sublimazione nel talamo coniugale; l'alcoolista beve quando il tasso etilico nel sangue si abbassa, il fumatore si accende una sigaretta quando determinati ricettori nel suo cervello sentono il bisogno di essere stimolati dall'assunzione di nicotina. Ma adesso immaginate un uomo che riceva periodicamente visite di professioniste del sesso a domicilio; un alcolista con una soluzione salina al Tavernello sparata in vena; un tabagista con le braccia tappezzate di cerotti alla nicotina. Quale incentivo avranno a soddisfare i loro appetiti? Nessuno. Quacun altro lo sta facendo per loro.

Ne derivano due conseguenze: la prima è che queste persone difficilmente avranno preclusioni verso il concetto di delega; la seconda, non del tutto disgiunta dalla prima, è che vedranno con diffidenza il malcontento e le proteste, magari disarticolate e confuse, di chi fa fatica a soddisfare i propri appetiti. Detto in altri termini, la dimensione cognitivo-affettiva smentirà quella intellettuale, e tutto ciò in cui hanno creduto si ridurrà a un fardello di nozioni morte e inutili. La storia, per quanto li riguarda, sarà effettivamente finita.

Perfetto. Così la vede questo fesso. Loro no. L'essere umano ha bisogno di riconciliare le proprie credenze con le proprie pratiche. Queste persone, dunque, hanno bisogno di pensare che possa esistere un modo per trasferire gli ideali che li hanno formati, anche in quella dimensione cognitivo-affettiva a cui alludevo sopra, nella nuova cornice epistemica: hanno bisogno di credere che può esistere una sinistra anche dopo la fine della storia. Ed ecco dunque le liste Tsipras e altri tentativi, disperati quanto grotteschi, di fare la cosa più piccolo-borghese di questo mondo: difendere la propria identità personale di fronte al cannoneggiare dell'evidenza.

E veniamo ora al punto. Il punto è che le idee comuniste, socialiste, anarchiche, le idee insomma che nel loro insieme formano il bagaglio ideologico della sinistra, pur con tutte le loro differenze hanno un elemento in comune: postulano un cambiamento radicale dei rapporti sociali. Dunque, presuppongono che la storia non sia finita. E la storia, se solo si ha il coraggio di guardarla per quello che è, mostra che i mutamenti più profondi, quelli che hanno lasciato le tracce più durature, non sono mai emersi dall'accettazione pacifica di principi riconosciuti come validi in virtù della loro intrinseca bontà, e/o dell'abilità dialettica di chi li propugnava. La storia non è un gentlemen's club. Quei principi si sono affermati perchè hanno aggregato non solo il consenso delle masse, ma la determinazione di quelle a difenderli non necessariamente con la violenza e gli spargimenti di sangue, ma certamente con vigore e impegno. Un vigore e un impegno di cui solo gli scontenti, gli affamati, coloro a cui è negata la vita sono capaci.
Si dice che a Napoli che a cantare troppi galli non fa mai giorno. Questo è il problema. Troppi galli cantano, in una cacofonia dissonante e fuori tempo, completamente ignorati dalle galline. Il problema non è stabilire quale gallo canta meglio; è svegliare le galline.Chiamarle all'adunata, e poi condurle dove è necessario che siano condotte: oltre la bislacca illusione della fine della storia che fa da spartito a così tanti galli.

Nessun commento:

Posta un commento