domenica 25 maggio 2014

I barbari

Quando io andavo alle elementari, cari amici del Bradipo, la società italiana non si era ancora completamente rincoglionita. A nessuno fregava niente della nostra coordinazione psicomotoria, perchè quella si sviluppava giocando a pallone in mezzo alla strada, come prima di noi avevano fatto i nostri padri e i nostri nonni. Le competenze relazionali le sviluppavamo attraverso complesse dispute pseudo-filosofiche sugli attributi delle rispettive mamme, e quelle logico-matematiche nell'effettuare i difficilissimi calcoli di probabilità che ci servivano a stabilire il valore di ciascuna delle figurine dei calciatori che ci scambiavamo. La nostra scuola, fin dalle elementari, si preoccupava ogni tanto, così, tanto per gradire, anche dei contenuti. E quindi studiavamo la storia, non dico come si studia all'università, ma a un livello di complessità e di approfondimento pari forse a quello di un istituto tecnico di oggi. Tutto questo per dire che a me i Romani mi stavano parecchio sul cazzo.

Allora non l'avrei detto così, ma erano degli imperialisti della peggiore specie. Sì, espressero una grande cultura, mutuandola però dai popoli che andavano conquistando, in primis i Greci. E produssero un livello di corruzione e degenerazione morale notevolissimo. Da Gibbon in poi, fior di storici hanno dibattuto le cause della caduta dell'Impero Romano, ma una cosa è certa: nella sua ultima fase a quell'impero erano venute meno tanto le basi materiali quanto quelle morali della grandezza di un tempo. Il compito di tirare alla Storia questo dente ormai marcio spettò ai cosiddetti "barbari".
Il termine, di origine greca, è onomatopeico. I barbari sono coloro che, quando parlano, non si capiscono. Ba-ba-ba, ma che cazzo stai dicendo? Parla come ti ha fatto tua mamma! Eh, il problema è che a quello la mamma lo ha fatto ostrogoto, e lui ostrogoto parla. Se vogliamo distanziarci un attimo da questo termine palesemente razzista e xenofobo, li chiameremo popoli germanici, o semplicemente, con Tacito, Germani. Abbiamo già stabilito che i Romani li discriminavano. Adesso vediamo un po' se l'immagine che ce ne ha consegnato la storiografia più conosciuta è corretta. Erano veramente così rozzi, violenti e spietati?  

Il pregiudizio ha una grande forza: si insinua laddove non c'è conoscenza dei fatti. E siccome l'ignoranza è tanta, il pregiudizio prospera. Io stesso, ve lo confesso, se non avessi a suo tempo sostenuto un esame di filologia germanica, avrei ancora quell'idea distorta dei Germani. E invece fortunatamente l'esame l'ho sostenuto, e preparandomi a quell'esame ho imparato che le tribù che discesero sulla nostra bella penisola e che la misero a ferro e fuoco avevano un'organizzazione sociale egalitaria, fondata sulla cooperazione e sull'interesse comune. Certo, erano ignoranti, non avevano il minimo accenno di cultura giuridica, nè una cultura scritta. Ma le impararono, queste cose, dai nostri avi in toga. Dopo aver distrutto le strutture di potere di una civiltà completamente putrefatta, ne recuperarono gli aspetti positivi. Non trattarono il loro nemico con lo stesso razzismo e la stessa sprezzante superiorità che da lui avevano ricevuto. Le nostre tradizioni religiose, giuridiche e culturali non ci sono state tramandate da un branco di depravati che mangiavano fino a vomitare, e dopo ricominciavano; non è dalle macerie del loro fallimento che è nata la nostra civiltà, ma dal lavoro dei "barbari" che su quelle macerie hanno ricostruito, riconoscendo il valore del patrimonio ideale di chi li considerava e li trattava alla stregua di selvaggi.

Ai patrizi romani deve essere sembrato che il mondo stava per finire, quando dovettero scappare dall'Urbe per sfuggire alla vendetta di Alarico, condottiero di un popolo ripetutamente ingannato e dunque incattivito. Non era la fine del mondo, era la loro fine. La fine di un ordine che era diventato insostenibile, e che in secoli di storia aveva causato certamente molti più danni di quelli che fecero i suoi saccheggiatori, ai quali fu ordinato di risparmiare i luoghi di culto. Questo, cari signori, erano i "barbari". Ricordatevelo, la prossima volta che leggete La Repubblica o Il Corriere. E ricordatevelo quando entrate in cabina elettorale.


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