sabato 24 maggio 2014

La dittatura delle professoresse

Parliamo di politica. Anzi, parliamo di cultura. O meglio, parliamo del nostro calvario quotidiano. Questi tre elementi formano una santissima trinità, in cui ciascun elemento non sussiste in assenza degli altri. Adesso che siamo sotto elezioni, gli agenti di questa particolare forma di oppressione si danno un gran da fare per riaffermare un predominio che vedono in pericolo.

Avete mai assistito a una lezione di editing? Io sì. Anni fa ho frequentato un corso di traduzione letteraria, il principale risultato del quale è stato creare in me diffidenza e disgusto per il mondo dell'editoria. Vedere come un editor professionista prende una cosa fatta bene o male, ma comunque con passione, e la trasforma in una sorta di omogeneizzato che non sa di niente (e dunque buono per tutti i palati), è stato fastidioso. Ancora più fastidioso è constatare che esiste un pubblico che premia questa logica distopicamente autoritaria. E la premia, secondo me, proprio perchè la riconosce come tale.

Il fatto è complesso e io non vi voglio ammorbare, per cui risolvo con l'ipersemplificazione: quando un ceto non produttivo abituato al privilegio si sente venire meno il terreno sotto i piedi, reagisce con le armi che ha a disposizione, che poi di solito sono i ferri del mestiere: la penna rossa e la penna blu. Gli intellettuali (termine che uso in senso lato), sommo esempio di classe per se oggi in Italia, assumono tutta una gamma di atteggiamenti che vanno dal conservatore al reazionario, e pretendono di mettere in castigo dietro la lavagna le contraddizioni che non hanno saputo o voluto affrontare. Contraddizioni incarnate, ad esempio, nel percorso lavorativo kafkiano di questo vostro umile servo, o nella parabola maligna che porta laureati in filosofia nei call centre (non è un refuso, professoressa, è lo spelling britannico) a farsi coprire di insulti da centinaia di persone ogni giorno.

Io dietro la lavagna non ci vado. Nel mio tema ci scrivo quello che mi pare, e il voto da voi non me lo faccio dare. Siete voi, piuttosto, che dovreste stare attenti al giudizio che delle vostre pedantissime lezioni emergerà da quella infallibile griglia di valutazione chiamata Storia.

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