mercoledì 12 settembre 2012

Le guarattelle e la politica



Un post veloce veloce, stasera mi attende la prova in sala con la mai abbastanza celebrata Banda degli Onesti, il gruppo che un giorno ricorderà a questa città di merda che vuol dire fare veramente schifo nel profondo dell'anima. Di solito mi do un po' più di tempo per costruire i miei elaborati, ma durante l'atto della minzione mi è tornata in mente una discussione fatta al pub con un amico, e adesso mi devo atteggiare un po' a maitre a penser (si scrive così? Se no, chi se ne frega, Francia merda!) e darvi il mio verbo.

Ecco, vedo che sono riuscito a concentrare più cazzate in sei righe di quanto l'italiano medio riesca a fare in mezz'ora al bar, e me ne beo. Ed ora, la vexata quaestio: che cos'è una democrazia? E cosa la differenzia da una dittatura?

Un paio di settimane fa mi reco ad acquistare una pasta e patate in una nota friggitoria del centro storico di Napoli, e fra una chiacchiera e l'altra scopro che il proprietario è un feroce avversario di Hugo Chavez, al quale augura una presta morte. Perchè, a suo dire, è un dittatore. Perchè è un dittatore? Perchè ha espropriato beni immobili (se ho ben capito) appartenenti ai suoi figli. Circa una settimana dopo, bevendo una birra con il suddetto amico, vengo informato che Chavez è un dittatore perchè ha abolito il pre-esistente limite dei mandati presidenziali. Adesso, io non è che voglio santificare Chavez, il culto della personalità è una cosa remota dal mio carattere e dal mio modo di pensare. Io posso ammirare o criticare qualcuno per quello che fa o per quello che non fa. E Chavez per me non è un dittatore, perchè governa con il consenso popolare. Come si può dare del dittatore a qualcuno per cui il popolo venezuelano è sceso in strada durante un colpo di stato? E questo in un continente ben avvezzo a brutali repressioni (v. Cile, 1973). 

Dov'è il problema? Nel fatto che la democrazia, nel suo senso liberal-borghese, è un semplice strumento di produzione e legittimazione del consenso di cui una classe economicamente e culturalmente egemone ha bisogno. In parole povere, per creare un clima sociale favorevole ai consumi che permettono di ritrasformare le merci in denaro, creando così profitto, la gente deve essere convinta di vivere in una società ben organizzata e libera. E quale modo migliore per farlo che organizzare un bel teatrino del dissenso in cui un pupazzo dice A e un altro B?

Una volta in Italia esisteva la politica, quella vera. Sporca, corrotta, inquinata da ingerenze esterne, ma esisteva. Vero, siamo sempre stati un paese a sovranità limitata, non è che Berlinguer poteva andare in televisione e dare il via alla rivoluzione, come auspicava un Benigni d'annata in uno dei suoi più bei film. Non lo poteva fare perchè gli americani, che hanno più basi in Italia che in qualsiasi altro paese, lo avrebbero stroncato immediatamente; e non lo avrebbe fatto comunque, perchè il PCI aveva già da tempo rinunciato a quell'opzione. Però parlare di giustizia sociale, diritti dei lavoratori, laicità dello stato, quello lo si poteva fare, e lo si faceva. Esistevano diversi modelli, e la realtà che veniva fuori dalle loro sintesi era qualcosa che in qualche modo si approssimava a una democrazia. Quell'era ci ha regalato la scala mobile, l'equo canone, la giusta causa, il divorzio e l'aborto.

Oggi la nostra "democrazia" consiste nell'assistere alle beghe di quattro squallidi personaggi senza carisma, intelligenza, nè tantomeno contenuti da proporre. Bersani litiga con Renzi, Maroni con Bossi, quello dice "Padania libera", quell'altro ruba, quell'altro va con le puttane, e quell'altro ancora con i travestiti. Vendola si fa afferrare per pazzo perchè non lo vogliono far sposare (mentre ai ricchioni senza la scorta gli rompono la faccia per strada), e infine il professore dall'aria distinta (che deve morire urlando e contorcendosi) dice con tutto il candore di questo mondo di essere ben consapevole che le sue riforme rallenteranno la crescita, perchè tanto uno stuolo di servi senza dignità che abusano della qualifica di esseri umani ci martella dalla mattina alla sera dicendo che le riforme sono necessarie. E molte di queste persone si dicono di sinistra. Io non mi sento e non mi considero un estremista, un passionario, non ho mai rotto una vetrina, e quindi se ve lo dico io mi potete credere: sinistra vuol dire socialismo, in quella che preferite delle sue tante accezioni, ma se si esce da quell'area si esce dalla sinistra. Se credi nella proprietà privata non sei di sinistra. Se credi nel diritto dell'uomo di sfruttare l'uomo non sei di sinistra. Ti piace il pupazziello di sinistra, tutto qui. E sappi che sono intercambiabili: o ci metti Pulcinella o Colombina, il risultato non cambia: tu te lo prendi in culo, e il burattinaio incassa.

E allora datemela, questa "dittatura" in cui la politica agisce, sceglie, trasforma la società. Certo, non potranno essere tutti contenti. Non potranno certo esserlo quelli che fanno il tifo per il pupazziello di sinistra, però poi hanno la terza e la quarta casa, e temono che il perfido miliziano gliela sottragga come in un romanzo di Bulgakov. Ma che volete? Forse è un male minore torcere il collo a qualche canarino, se in gioco c'è una società meno schifosa e grottesca.

2 commenti:

  1. Sul nuovo socialismo latinoamericano ce n'è da discutere. Riguardo alla tua domanda, cos'è la democrazia? ti invito alla lettura di Democrazia senza libertà- o viceversa? di zakariah farheed, interessante, anche se si può non condividere. se me lo restituisci te lo presto
    a presto

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