sabato 16 febbraio 2013

Conversioni


Premetto subito che Sanremo non lo guardo mai. Non mi interessa, perchè non mi riguarda. Come la Chiesa cattolica. Io non sono di quegli atei che non mettono bocca su chi dovrebbe essere il prossimo papa, o se un determinato cardinale ha fatto bene a dire questo o quello. La Chiesa è dei fedeli. Fin quando non si rende protagonista di indebite ingerenze nella vita pubblica, che dicano quel che vogliono. Il Festival di Sanremo è il tempio della canzone italiana, un'espressione culturale che io trovo remota dalla mia sensibilità e dalla mia visione del mondo. Che me lo guardo a fare?

Eppure, si tratta di un evento così seguito e pompato dai mezzi di comunicazione che è inevitabile restare investiti dall'esplosione dell'immancabile polemica. Quest'anno abbiamo Raiz e la sua conversione. Sarò forse poco serio, e attirerò su di me le ire di certuni (e dico certuni) se confesso che la storia dello Shabbat mi ha fatto pensare a quel personaggio del Grande Lebowsky che finge di essere ebreo, e si rifiuta di fare qualsiasi cosa di sabato. Voi credete veramente che nel terzo millennio, in un paese occidentale e per giunta figlio di buona mamma come l'Italia, un uomo adulto possa sentire il richiamo spirituale di una religione rivelata, e convertirsi ad essa? Io no. Capisco chi in una determinata fede ci è nato, chi da bambino è stato esposto alle suggestioni della pratica liturgica, quell'ultimo rifugio dell'amore incondizionato e della gregarietà che rimane ai popoli; non capisco, e ritengo ipocrita e opportunista, chi ha raggiunto il successo cantando determinati valori per un determinato pubblico, e si dedica al borghesissimo ufficio di conservarlo praticandone altri. Uno che ha fatto i dindini cantando "Figli di Annibale" non è credibile come partigiano del popolo "eletto".

Un'osservazione abbastanza banale e scontata, quest'ultima. Ma allora perchè si è convertito, il nostro Raiz? Provo a indovinare. Perchè la sinistra ha seguito una parabola simile. Questo era il festival di Fabio Fazio e Lucianina, ricordiamocelo. Se non siete proprio dei giovanotti imberbi, saprete bene che una volta Sanremo aveva un'impostazione chiaramente conservatrice. Lo faceva Pippo Baudo, e non si sentivano battute sulla "Jolanda" e sul "Walter". Era un ottimo prodotto per la massaia italiana, per il pensionato, per la piccola borghesia. Era pieno di dignitose cariatidi, ingessato, formale. Era, in sostanza, un prodotto onesto. Mi pare che la linea sia cambiata. Non seguendolo, non saprei dire a partire da quando, e con quale rapidità, ma è chiaro che questo festival non è più quello che non guardavo da ragazzo. Fazio, Litizzetto, Elio e le Storie Tese, Alma Megretta... Insomma, questo è un festival "di sinistra". 

Non mi lancerò in analisi approfondite e documentate, che non sono in grado di fare. E non ne ho neanche voglia. Vorrei solo che visioni del mondo incompatibili non invadessero l'una lo spazio dell'altra. Io credo nell'Umanità, e pertanto non posso credere in dio. Documentatevi, è così. Credo nella proprietà collettiva dei mezzi di produzione, nella cooperazione e nel lavoro. Pertanto non posso applaudire Fabiofazio e Lucianina, con Walter e Jolande annesse. Credo che i popoli dovrebbero cominciare a fare la Storia, anzichè subirla. Per questo non ritengo di dover tributare rispetto alle trovate pubblicitarie di un furbacchione opportunista, che si chiami Raiz o Roberto Saviano. A ciascuno il suo. All'ebreo praticante, la sinagoga; al piccolo borghese di cultura cattolica, un novello Pippo Baudo e un festival serio e senza Jolande; e a me, la brutta fine che mi merito.

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