domenica 24 febbraio 2013

Io non aspetto il Messia

 
Ultimo post elettorale. Estremo tentativo di provare a ragionare, al di là di schematismi stratificati in secoli di storia. Scusate se batto sempre su questo tasto, ma io per un certo periodo della mia vita andavo a letto con il monolingue d'inglese. Pragmatismo, ci vuole. Questo re non ci piace, ce lo facciamo venire nuovo dall'Olanda. Questo pirata ha fatto di più per l'Inghilterra di molti pari del regno: lo facciamo baronetto. Down to earth: non terra terra, ma con i piedi per terra.

Ogni tanto, mentre scrivo su questo blog, rimpiango di non essere più colto e intelligente. Se lo fossi adesso esplorerei con sapida eloquenza il rapporto fra ebraismo e socialismo in Karl Marx, quella sorta di messianesimo che, secondo tate persone intelligenti, permea il suo pensiero. Certo, di messianesimo laico si tratta; ma pare che la gente si dimentichi che "l'uomo che verrà" non scenderà da cielo come una sorta di deus ex machina. Non sarà partorito da una vergine, o annunciato da una cometa. E, soprattutto, in questa locuzione il singolare sta per il plurale. L'evoluzione della specie umana e delle sue forme di associazione e organizzazione politica non si può delegare al carisma, alla preparazione, alla capacità di empatia di Tizio o Caio. Il leader è quello che ti guida; niente di più. La strada la devi fare con le tue gambe. E ad ogni bivio ti conviene stare attento a dove vai: se sbagli strada, te lo fai fritto il tuo leader.

Pare che al tempo di Cristo i presunti Messia abbondassero in Giudea. Il clima che si respirava allora, in quei paraggi, non doveva essere molto dissimile da quello che si respira oggi in Italia. Forse siamo un popolo scarsamente responsabilizzato perchè non ci hanno fatto mai scegliere il resto di niente. Si sono fatti il risorgimento (non è un refuso, mi rifiuto di scriverlo con la maiuscola) in quattro di loro, e poi si sono scritti delle belle storielle con tanto di illustrazioni suggestive (v. post sul sussidiario). Hanno fatto la marcia su Roma in quattro, e ci hanno imposto un ventennio di dittatura; li abbiamo combattuti e sconfitti, per ritrovarci nel dopoguerra la stessa classe dirigente, e la celere di Mario Scelba che continuava il buon lavoro fatto per tanti anni dalle squadracce e dalla sbirraglia fascista. Dopo Tangentopoli, ci siamo ritrovati nei nuovi partiti gli stessi gaglioffi e manigoldi che si erano arricchiti nella DC e nel PSI. Certo, magari le prime file scomparvero o mantennero un basso profilo per qualche anno, ma quelli che ancora non si erano giocati la faccia erano tanti, e probabilmente non migliori. Insomma, l'italiano delega perchè non spera di poter decidere una mazza. Va con quello che indossa la casacca del colore che più gli aggrada. Come diceva Marina Confalone all'architetto venditore di rifugi antiatomici ne Il mistero di Bellavista, "noi se dobbiamo morire vogliamo morire tutti insieme". 

Oggi e domani si vota. A che serve votare? A poco, pochissimo. Ma almeno può smuovere le acque. L'importante, secondo l'opinione di questo fesso, è che si entri nella cabina elettorale con quell'atteggiamento down to earth di cui parlavo. Qual'è la situazione? La cosiddetta agenda Monti minaccia quel poco che resta del nostro futuro. Più troverà applicazione, più ci romperà il culo. Beh, se dobbiamo morire, moriamo tutti insieme. Ha ragione Marina Confalone. Ma se esiste la possibilità di salvarsi, io mi faccio salvare pure dal re o dal pirata. E mo', come disse il famoso camorrista e presunto traditore, facite ampressa.


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