giovedì 8 luglio 2010

Lindsay Lohan, l'etilometro e il demone che non esiste



In questi giorni imperversano sul web articoli e video sulla povera Lindsay Lohan, condannata a un mese e mezzo di carcere da un tribunale statunitense. Lindsay Lohan è uno di quei personaggi, evidentemente noti al grande pubblico, che il mio essermi collocato ai margini della cultura occidentale contemporanea mi consente di conoscere solo in modo molto indiretto, tramite l'ormai onnipresente gossip. Poco male, perchè non ho intenzione di scrivere una monografia sulla bella Lindsay, bensì una riflessione sulle motivazioni della condanna: la Lohan andrà in carcere per non aver frequentato con assiduità un programma di riabilitazione forzata dall'alcolismo.

Sono nato e cresciuto in Italia, ma studio l'inglese da molti anni ormai, e una delle prime cose che noti addentrandoti nella cultura anglosassone è il loro rapporto schizofrenico con l'alcol. Gli anglofoni ne consumano quantità in genere superiori all'italiano medio, in taluni casi massicce, se non addirittura titaniche; eppure questo piacere sembra sempre accompagnato da uno strano senso di colpa, generato da chissà quale meccanismo psicologico. Direi che l'alcol è per gli anglosassoni protestanti quello che il sesso è per i latini cattolici. Nella maggior parte dei paesi di lingua inglese vigono leggi che impediscono di consumare bevande alcoliche in pubblico, lo stato investe risorse in campagne contro l'abuso di tali bevande, e la polizia non è tenera nei riguardi di comportamenti indotti dall'ebbrezza che invece qui da noi passerebbero per goliardici e sostanzialmente inoffensivi. Ma là dove questi simpatici mozzarelloni si superano è nel modo assolutamente fanatico in cui aborrono e condannano la guida in stato di ebbrezza. In quest'ultimo caso, sono riusciti ad imporre anche a noi un loro atteggiamento che, come spero di dimostrare, è assolutamente fuori luogo.

“Come, come, good wine is a good familiar creature if it be well used; exclaim no more against it.” Queste sono le parole dirette da Iago a Cassio nell'Otello di Shakespeare, quando il damerino fiorentino incolpa l'ubriachezza per il suo coinvolgimento in una rissa, nell'accampamento del generale moro. Il senso delle parole del perfido ma brillante soldato è questo: Cassio, sei stato tu a sguainare la spada dal fodero. Anche se questa tua intemperanza è stata causata da un consumo eccessivo di vino, la colpa è sempre e solo tua, per aver ceduto alla pressione psicologica esercitata dai tuoi commilitoni, i quali ti incitavano a dimostrare il tuo valore di bevitore (visto che come uomo d'armi, caro il mio matematico dalle mani curate, non vali molto). Dunque non prendertela con una sostanza che, se usata correttamente, è nostra amica.

Quante volte abbiamo sentito scuse del genere di quella usata da Cassio? Un nostro amico si ritira in amoroso connubio con una creatura abbietta e turpe alla quale non è applicabile la categoria semnatica di "donna", e dopo giustifica l'abominio con l'influsso mefitico della bottiglia, magari esagerando di proposito le quantità deglutite per scagionarsi meglio; una donna si ritira in amoroso connubio con noi, creature abbiette e turpi alle quali non è applicabile la categoria semantica di "uomo", e quando la contattiamo onusti della speme di un futuro migliore, in cui ai nostri atti sessuali prenda parte anche una seconda persona, comincia a blaterare frasi non ben comprensibili sul fatto che "ieri sera eravamo ubriachi". Si direbbe quasi che queste persone attribuiscano all'alcol proprietà che questo, oggettivamente, non ha. Quando sono ubriaco io non mi tiro martellate sulle dita, nè mi trapasso la cassa toracica con spade rituali giapponesi. Per quanto possa bere, io non farò mai qualcosa che sia contro la mia natura. Anzi, l'alcol mi fa essere più autentico, come mirabilmente sintetizzato dall'arcinoto motto latino "in vino veritas". Si direbbe quasi, per essere ancora più espliciti, che i detrattori dell'alcol gli attribuiscano un'identità e una volontà proprie.

Il demone dell'alcol, come quello del gioco, è una delle innumerevoli entità immaginarie escogitate dalla fantasia umana per farci sembrare meno grave la nostra pochezza morale. Se non riusciamo a smettere di buttar via i nostri soldi, e magari anche quelli dei nostri cari, ai cavalli o al tavolo verde, è perchè siamo stati presi dal demone del gioco; se passiamo intere giornate in qualche bettola, in compagnia di individui rimasti sbiaditi perchè la vita non è mai riuscita a metterli a fuoco, è colpa del demone della bottiglia. Il nostro libero arbitrio, in queste faccende, non sembra avere voce in capitolo. Tanto più in ambito protestante, visto che i teologi riformatori sono riusciti a fare ancora peggio dei loro predecessori in una dozzina di secoli di teologia cristiana, escogitando la dottrina della predestinazione. Il puritanesimo raccoglie il peggio dei dogmi e degli atteggiamenti culturali protestanti in un coacervo di bigottismo ricoperto da una patina di pomposa austerità. Purtroppo, ad opera di un famoso lestofante di nome Oliver Cromwell, questa bieca visione del mondo ha preso piede nella bella e verde Inghilterra, dopo essere stata portata nel Nuovo Mondo dai mai abbastanza bestemmiati Padri Pellegrini sulla loro Mayflower. Se vuoi vedere due autentici puritani dell'era elisabettiana clicca qui.

Oggi, per fortuna, i puritani non vanno più in giro a chiudere teatri e decapitare monarchi. Ma essi sono tra noi, come dimostra la sentenza inflitta alla nostra amica Lindsay. E come dimostra la diffusione, persino nel nostro bel paese, di quello strumento di follia collettiva che è l'etilometro. Questo è il punto di arrivo di una lunga e gloriosa tradizione di proibizionismo, che vuole l'essere umano essenzialmente incapace di darsi una propria morale in modo autonomo, e gestirsi dunque senza interferenze continue da parte dell'autorità. La conseguenza principale di ogni tipo di proibizionismo, come sappiamo bene, è l'aggravarsi del fenomeno stesso che si voleva proibire, oltre a svariati danni collaterali. Quello che mise al bando l'alcol negli Stati Uniti dal 1919 al 1933 non spinse certo gli Americani a diventare astemi (se vuoi vedere uno speakeasy dei primi anni '30 clicca qui), ma causò loro forse qualche problema di salute in più, vista la pessima qualità delle bevande, prodotte alla meglio da persone non sempre qualificate in strutture non appropriate; e soprattutto vide un incremento della criminalità impensabile prima del nefasto provvedimento. Sembrerebbe quasi che gli autori del provvedimento avessero come obbiettivo l'arricchimento delle gang che controllavano i bar clandestini e il contrabbando di liquori.

Ma, mi direte voi, la guida in stato d'ebbrezza è pericolosa! Certo, può esserlo. Così come può essere pericolosa quella in stato di estrema spossatezza. Eppure centinaia di camionisti, proprio in questo momento, stanno percorrendo le nostre strade senza essersi riposati a sufficienza, mettendo a rischio la vita loro e quella degli altri, per ottemperare a tabelle di marcia rigide e disumane. Contro questo, non mi risulta che esista una legge. Nè mi pare che si applichi un metro particolarmente rigido quando si tratta di rinnovare la patente a persone talmente anziane da non essere più in condizione di stare nel traffico. Sappiamo quanto siano ingombranti i dannati vegliardi nella società italiana, ma non lo sono mai come quando ti si piazzano davanti su una strada stretta, mantenendo un'andatura da mezzofondista dilettante. E non è pericoloso il rampollo di buona famiglia che si sente padrone del mondo perchè il papi gli ha comprato il SUV, e lo lancia a velocità inusitate per strade urbane dopo aver fatto abbondante uso di cocaina? Anche in questo caso, la cocaina è di corredo: il giovane in questione è stronzo di suo. Non è pericolosa, infine, la moglie del papi, che governa il suddetto SUV (di solito delle dimensioni di un galeone spagnolo) mentre parla al cellulare e si accende una sigaretta? Il punto è che, nel mettersi alla guida di un veicolo motorizzato, ognuno di noi dovrebbe assicurarsi di essere in buone condizioni psicofisiche, ed evitare distrazioni eccessive finchè è al volante.

Ma noi ce la prendiamo solo con lui, il povero demone dell'alcol, alito di morte, alter ego malvagio dello Spirito Santo misurabile attraverso una espirazione propedeutica, in caso di possessione diabolica, all'espiazione, destino inevitabile di ogni peccatore. Ce la prendiamo con lui perchè la Mayflower non è affondata, perchè Cromwell ha vinto la guerra, perchè Eisenhower e Walt Disney ci hanno insegnato che l'America ha sempre ragione. E allora, cara Lindsay, nonostante la pena che mi fai (pur non conoscendoti), devo invitarti a collaborare con il disegno divino. Espia, pentiti, e bevi tanto succo di frutta. Vedrai che alla fine il demone ti lascerà in pace. Io, per conto mio, perorerò la tua causa presso di lui. Siamo amici, ci vediamo ogni sera.

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