martedì 10 settembre 2013

Follow the yellow brick road


C'è una grande opportunità nascosta fra le pieghe della mediocrità, accessibile solo a coloro che si armano di umiltà: la possibilità di riconoscere il genio dei grandi, e di attingervi a piene mani. Dopo un TFA zeppo di nozioni inutili o vaghe, finalmente ho trovato il tempo per cominciare a leggere John Dewey, uno dei giganti della pedagogia del '900, e ci ho trovato questa frase:

The conception that growth and progress are just approximations to a final unchanging goal is the last infirmity of the mind in its transition from a static to a dynamic understanding of life.

Traduco, come al solito, per i non-anglanti:

Il concetto della crescita e del progresso come un avvicinarsi a un obiettivo finale immutabile è l'ultima infermità della mente nella transizione da una visione statica della vita a una dinamica.

Mo', se siete più intelligenti e preparati di me c'è il rischio che non abbiate capito l'immenso valore dell'umiltà, e che quindi questa possa sembrarvi una frase banale. A me, personalmente, pare straordinaria. Ci mette in guardia contro una visione teleologica, messianica dell'esistenza e del mondo, ci fa capire che il traguardo di questa corsa che è la vicenda della specie umana su questo pianeta si sposta continuamente. Per dirla con le parole di uno sfortunato poeta spagnolo, il cammino non esiste, si fa nel momento stesso in cui lo si percorre. 

Contrapposta alla visione di Dewey e Machado ce n'è un'altra, perfettamente esemplificata dalla Yellow Brick Road che i Munchkin esortano Dorothy a seguire nel Mago di Oz. Che c'è, non posso mischiare i Munchkin con la poesia e la pedagogia? Se Luca Telese ha diritto di cittadinanza nella prima serata di un canale televisivo nazionale, volete negare ai simpatici abitanti di Oz una breve incursione in questo blog balordo? Il postmoderno è questo: Telese in tivvù, e i Munchkin che declamano i Cantares a una classe di studenti della Columbia University. 

Se avete visto il film, ricorderete che alla fine del sentiero di mattoncini gialli, e dopo aver passato una congerie di guai e reclutato tre nuovi amici, Dorothy riesce a entrare nel palazzo del grande mago, per poi scoprire che era solo un illusionista. L'uomo di latta, lo spaventapasseri e il leone trovano il cervello, il cuore e il coraggio che cercavano durante il cammino. Il mago distribuisce loro dei diplomi, ovvero degli attestati dei progressi raggiunti. Il fine dell'istruzione, per dirla con Dewey, è nell'istruzione stessa. Per quanto riguarda Dorothy, dopo aver perso il passaggio sulla mongolfiera del mago per colpa di quell'impareggiabile cacacazzo di Toto, scopre che avrebbe potuto tornare nel Kansas in qualsiasi momento, grazie alle sue scarpe. Anche qui emerge un messaggio pedagogico importante: l'educazione ti aiuta a scoprire e conoscere il tuo potenziale, non è certo una serie di nozioni sterili da ficcare a forza nella testa dei discenti. Il sentiero giallo, in fin dei conti, è stato il percorso della formazione di Dorothy. Non l'ha portata dal mago; l'ha portata da Dorothy. 

Quella della Yellow Brick Road è una bella favola, ma ogni favola ha la sua morale. Questa, in particolare, ci dice che alla fine di una strada già tracciata non si troverà mai la soluzione dei nostri problemi. Nessun mago sconfiggerà la perfida strega. dell'Ovest; la dobbiamo sconfiggere noi. Dobbiamo sviluppare il nostro cuore, il nostro cervello, il nostro coraggio, e renderci conto del potere che possiamo esercitare, se solo siamo disposti a perdere le certezze. Il Mago di Oz è una grande allegoria del diventare adulti. Bisogna staccarsi dalle sottane di mammà, e prendere la propria strada. Una strada che ci dobbiamo aprire noi, con le nostre scarpette rosse. Solo così possiamo andare verso una Umanità maggiorenne e una democrazia che sia reale, e non l'illusione in technicolor per bambini di un mago attempato e tracagnotto.

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