lunedì 16 dicembre 2013

Il fascismo cognitivo


Cari lettori del Bradipo, oggi voglio parlarvi della mia sofferenza professionale. Una sofferenza duplice, poichè, se da un lato non posso vantare un'occupazione stabile e sicura, dall'altra sono costretto dalla mia vocazione (la famigerata Beruf di weberiana memoria) a impartire lezioni di inglese ad apprendenti italiani. Io, cari amici, ho l'ingrato compito di imparare l'inglese a un popolo che con lo studio delle lingue straniere ha un rapporto tragicomico.

Cominciò tutto quando qualcuno decise che il cross doveva dirsi "traversone", e il corner "calcio d'angolo". Offside diventò "fuorigioco" e goal si traformò in "rete". Del resto, lo stesso football andava ora chiamato il "calcio". Si fecere prendere la mano, questi zelanti "patrioti": nei film americani, che continuavamo comunque a importare e proiettare, venivano tradotti perfino i nomi dei personaggi. Per capire l'effetto comico che può sortire questo tipo di operazione, pensate a "Jack Leopards": non può certo essere il nome di un poeta gobbo e sventurato. Jack leopards è senza dubbio un investigatore privato dallo sguardo di ghiaccio al quale nessun gangster può sfuggire e nessuna pupa resistere.

Cosa pensavano di fare, gli autocrati del tempo che fu, in questo ridicolo modo? Cercavano di costruire il senso dell'italianità. E cercavano di farlo nell'unico modo che era loro rimasto, di fronte alla quintessenza bovina di un popolo sponzato in un immobilismo secolare e pre-moderno: attraverso l'imposizione. Poveri fessi. I fascisti, come tutti i depositari di verità ritenute assolute, credevano di aver trovato la soluzione. E invece trovarono il problema. Qualcuno era arrivato prima di loro. Un po' come i nazisti di quel film di Indiana Jones.

Ricorrerei alla frusta, se potessi, quando i miei studenti si mettono a tradurre i brani che sottopongo alla loro attenzione. E invece devo mostrarmi affabile e paziente. Una, due, tre, mille volte devo ripetere che l'approccio traduttivo è non solo ampiamente superato, ma da considerare come un vero e proprio affronto personale verso di me. Dammi una coltellata, o discente, ma per Giove non tradurre! Questo va bene quando studi la nobile lingua degli avi, il latino. Lingua che ha prodotto una cultura straordinaria, certamente, eppure lingua delle morte stagioni, non della presente e viva. Ma mi rendo conto che la sciagurata scuola FASCISTISSIMA alla quale ti hanno mandato ti ha insegnato solo il culto della morte.

Imparare, cari amici del Bradipo, non vuol dire acquisire una serie di informazioni da affastellare in un cassetto della memoria, per poi tirarle fuori quando ci vengano richieste da un insegnante o esaminatore. Imparare vuol dire trasformare noi stessi attraverso la costruzione di un rapporto libero, e dunque responsabile e problematico, con il mondo. Imparare è antifascista, è nichilista in senso positivo, è la somma espressione della natura umana. Imparare l'inglese vuol dire fare ciao ciao con la manina al mondo che conosci, e ricostruirlo in un'altra lingua e in un altro contesto culturale. Avete difficoltà, miei cari discenti, perchè siete conservatori, pavidi, riluttanti ad abbandonare le certezze. Siete cognitivamente fascisti. La prossima volta che mi chiedete "qual è la regola?" vi do una martellata in testa, ve lo giuro. Perchè la "regola" che volete voi è la morte, è la stasi, è la putrefazione delle vostre sinapsi. L'inglese dovete impararlo vivendolo, e non dovete avere paura dell'ignoto, ma corrergli incontro a braccia aperte, perchè così lo conquisterete.

Il cervello è uno strumento, non un deposito. Chi vorrebbe farvelo usare come tale è il vostro peggiore nemico. Vuole instaurare il suo dominio sul mondo dell'immaginario, dopo averlo consolidato in quello del materiale. Vuole delimitare il vostro orizzonte, dirigere non solo il vostro lavoro, ma perfino la vostra attività intellettuale. E invece noi dobbiamo rivendicare il nostro diritto a pensare outside the box. Che vuol dire? Non ve lo traduco. Lo dovete scoprire da soli. Ognuno per sè. Il primo che ci arriva faccia un fischio. Questo, e nient'altro, è il progresso.

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