venerdì 16 luglio 2010

Quando la barbarie sorpassa la civiltà - a destra.


Nell'ultimo post paventavo la possibilità di scrivere del traffico nella mia città. Lo ritengo uno di quegli aspetti della vita contemporanea che un giorno sembrerà incredibilmente primitivo e irrazionale a chi, guardandosi indietro, parlerà del nostro presente come di un passato fitto di superstizioni e nevrosi collettive. Lo stesso sguardo che noi rivolgiamo al Medioevo cristiano, con il suo culto della morte, il suo esagerato terrore della stregoneria e il suo estremo sadismo (accompagnato a un chiaro elemento narcisistico) nel punire le eresie, loro lo rivolgeranno a noi, idolatri del motore a scoppio, che inorridiamo all'idea di andare a piedi o prendere un autobus, e impiccheremmo coloro che guidano in stato d'ebbrezza (ma non quelli che travolgono pedoni da sobri).

Bradipo, ora ce l'hai anche con il motore a scoppio? Alla faccia del bicarbonato di sodio. Certo che ce l'ho con il motore a scoppio. In particolare, ce l'ho con il trasporto privato, una modalità di spostamento urbano che in tutti i paesi europei più civili di noi tende a recedere a favore del trasporto pubblico, ma qui resiste per motivi legati certo alle nostre politiche economiche (il settore auto è uno dei principali comparti industriali in Italia), ma anche alla nostra concezione del vivere "civile".

Odo già la stridula voce della denuncia: "Ma tu possiedi uno scooter, lo sappiamo bene! Ci hai ammorbato l'anima con la storia dell'RCA!" Sì, è vero, non posso negarlo. Questa mia scelta è dovuta al fatto di non disporre, su buona parte del territorio urbano, di un servizio notturno decente, e in parte anche alla lentezza dei mezzi di superficie, specialmente su alcune tratte; lentezza della quale non è del tutto responsabile l'ANM (Azienda Napoletana della Mobilità, per i forestieri), visto che le nostre strade sono perennemente intasate, per usare le parole dell'eccelso Gianfranco Marziano, da "troppa, troppa, troppa, troppa gente che caca solo il cazzo e che non serve a niente". In una città con un tasso di disoccupazione reale che sarà intorno al 35%, vorrei sapere dove mai si dirige a ogni ora del giorno e della notte quella moltitudine di automobilisti che fanno praticamente da tappezzeria alle nostre strade, peggiorandone sempre di più le già precarie condizioni e generando un volume di inquinamento atmosferico e acustico degno di una versione dell'Inferno riveduta e corretta a quattro mani da Charles Manson e Donato Bilancia.

Siamo in piena estate, fa molto caldo, e diventa necessario tenere finestre e balconi costantemente spalancati. L'alternativa è il decesso per ipertermia. Non parliamo di folkloristiche popolane dalle forme rotondeggianti che, facendosi aria con dozzinali ventagli acquistati da qualche tossico alla Ferrovia, si lamentano in flebili eppure enfatiche emissioni di fiato dell'eccessiva temperatura; parliamo dello spreco inutile di giovani vite, di tragedie insensate facilmente evitabili con semplici contromisure. Insomma, finestre e balconi vanno aperti. Ma questo vuol dire abbattere ogni barriera fra noi, la classe media colta o semi-colta, per la quale essere nata e risiedere a Napoli è un fatto puramente accidentale, e le popolazioni indigene; queste si contraddistingono per le strutture sociali tribali, i rituali sanguinari, l'essenziale rifiuto della cultura occidentale contemporanea. Occupano lo stesso territorio che occupiamo noi, ma con minore discrezione. Fanno più monnezza, più rumore, causano più danni all'ambiente circostante. Non hanno niente a che vedere con le categorie di proletariato o classe lavoratrice, perchè per loro il lavoro o non esiste, o è di manovalanza criminale, o ancora è organizzato in modo tale da non consentire al lavoratore di aggregarsi ai suoi compagni e sentirsi legato a loro da una sorte comune. Qui la parola d'ordine è "si salvi chi può", e l'unica cultura possibile per chi ha la sfortuna di crescere nell'autoreferenzalità e nella chiusura totale del popolino napoletano è la sottocultura della furbizia, del fottere il prossimo, del "mettersi da sopra".

A queste persone dobbiamo poi aggiungere tutti quegli stimati professionisti, commercianti e piccoli faccendieri del quartierino che, pur essendo nati e cresciuti in ambienti borghesi, emulano le abitudini e gli atteggiamenti della peggiore plebaglia, con la quale hanno in comune la più assoluta mancanza di senso della collettività.
Insieme, queste due categorie sociali danno vita a un traffico "deregolato", in cui non vigono più le regole scritte, certe, e sancite da decisioni assembleari del codice della strada, ma quelle dettate dalla prassi e dalle consuetudini del villico al volante. Segue un breve elenco dei comportamenti aberranti assunti da cotali individui:

1) Fermarsi oltre il semaforo, non davanti ad esso, in modo da non essere in grado di accorgersi di quando scatta il verde. Questo, azzardo un'ipotesi, per trovarsi in una posizione di massimo vantaggio rispetto agli altri. Naturalmente, dato il perenne intasamento delle strade di cui sopra, questo trucco molto raramente produce un reale beneficio per chi lo adotta; in compenso costringe gli occupanti dei veicoli che si trovano dietro a questo deficiente a suonare il clacson per avvertirlo che può ripartire, e consentire così anche a loro di procedere verso le rispettive destinazioni. Sarò pignolo, ma suonare il clacson è vietato nei centri urbani, a meno di imminenti pericoli.

2) Sorpassare pochi metri prima di un incrocio. Ad operare questo tipo di manovra sono quasi esclusivamente uomini fra i 18 e i 45 anni, di centro-destra e fortemente critici nei confronti di Roberto Saviano, che ha fatto i soldi con Gomorra. Il meccanismo è simile a quello appena descritto del semaforo. Forse gli incroci sono un simbolo del sesso femminile per questi soggetti, o forse un metaforico traguardo da tagliare prima di te, per mettersi da sopra.

3) Parcheggiare l'auto in doppia fila quando si va al supermercato come se non ci fosse niente di sbagliato o strano. Questo è invece un comportamento di norma ascrivibile alle donne, e dettato a mio giudizio da un egotismo quasi soprannaturale, ma sostanzialmente in buona fede. "Io devo fare la spesa, mi serve la macchina, non c'è parcheggio; allora mi devo necessariamente fermare in doppia fila". Talvolta queste auto in sosta vietata ostruiscono il passaggio di autobus, ambulanze o camion dei pompieri, ma tanto non basta a spingere le nostre amiche massaie a trovare una diversa soluzione per i loro acquisti di tutti i giorni (andare in un supermercato che ha il parcheggio?).

4) Una volta localizzata un'ambulanza lanciata a tutta velocità e a sirene spiegate, precipitarsi nella scia della stessa per sfruttarne le indubbie qualità di apripista. In tali occasioni due sono le spiegazioni possibili: o il malato ha una famiglia molto numerosa, oppure c'è da qualche parte una signora di facili costumi che non si dà tregua nella propagazione del suo patrimonio genetico al di fuori del sacro vincolo del matrimonio.

5) In una strada a senso unico, procedere con il proprio SUV di dimensioni bibliche giusto al centro della stessa, avendo cura di impedire il sorpasso ai ciclomotori. Questo comportamento genera spesso l'indignazione dei centauri più ligi nel seguire l'esempio di Attila e Alarico, i quali aggrediscono le poche senghe di spazio disponibile con una dedizione e un'abilità che susciterebbero il plauso di qualsiasi speleologo; qualora l'occupante del SUV dovesse dimostrarsi poco cooperativo, gli agili incursori si trasformano come d'incanto in creature mitologiche per metà cane pitbull e per metà Mario Merola, abbaiando e minacciando l'automobilista che osa tenerli in scacco in un solo prodigioso torrente di fonemi. Vietato ai minori di 14 anni.

Non voglio allungare troppo il brodo, ma vi assicuro che potrei citare tanti altri usi e costumi della viabilità partenopea che nemmeno il dott. Livingstone si sarebbe mai sognato. In molti casi, siamo onesti, non si tratta di vizi esclusivamente napoletani. Dalle Alpi alla Sicilia, sono moltissimi gli italiani che fanno un certo ribrezzo alla guida. Come non citare, a questo punto, quel capolavoro del nostro cinema che è Il sorpasso di Dino Risi? Incidentalmente, qui ne trovate una deliziosa parodia. Gassman e Trintignant rappresentano due Italie contrapposte, la loro e la nostra. Quella dei caciaroni, burini, furbacchioni e irresponsabili, e quella, in buona sostanza, della gente per bene. E ricordate Alberto Sordi ne I Vitelloni? Il pernacchio rivolto ai lavoratori sul ciglio della strada dal perdigiorno a bordo dell'auto riassume perfettamente il modo di sentire dell'italiano medio. Non cercherò di chiosarlo con parole che potrebbero solo sminuirne la pregnanza. Quando però la macchina si ferma per un guasto, l'Albertone nazionale dimentica la spavalderia ostentata pochi secondi prima, e se la dà a gambe, abbandonando peraltro alla propria sorte un amico che era rimasto indietro.

Insomma, guidano così perchè sono così. E l'essere a bordo di un veicolo motorizzato enfatizza le loro peggiori qualità. Così come il nobile medievale traeva buona parte del suo potere e prestigio dal fatto di possedere un cavallo, che gli conferiva evidenti vantaggi in battaglia e una presenza che incuteva rispetto ai pezzenti che vessava sistematicamente, l'automobilista o il motociclista odierno (se appartiene alla corrente di "pensiero" esemplificata dagli esempi cinematografici) si serve del proprio mezzo di trasporto per conquistarsi più spazio, più tempo, più sicurezza di sè. Per lasciare indietro gli altri. Per metterseli sotto. Come i cani quando giocano a incularella.

Ma io faccio ricorso alla mia pazienza atavica di meridionale e abbozzo. Perchè so che l'importante non è arrivare primi, ma sapere dove si vuole andare, e attrezzarsi per raggiungere la propria meta. E poi i viaggi più belli sono quelli che si fanno insieme. Camminando gli uni di fianco agli altri, perchè si va tutti dalla stessa parte, e chi arriva prima non vince una beata fava. I viaggi più belli non sono corse, non si va di fretta, non c'è bisogno di spingere, c'è posto per tutti. La vera corsa, ed è una corsa lunga, talmente lunga che non finisce mai, è qualla che facciamo per superare quello che eravamo.

1 commento:

  1. la mia finestra affaccia su un neanche 100 metri di strada, pavimentazione in basolato, si imboccano da una curva per poi sfociare in S.Giacomo dei Capri.
    ora, porcaputtanatroia, tutti devono sgasare al massimo per guadagnare neanche dieci secondi del loro tempo.
    io comincerò a bersagliarli di oggetti contundenti.

    sono d'accordo con te. il problema non è solo napoletano. qua le cose tendono semplicemente ad esarcerbarsi con vis barocca. il fatto è che tutti hanno fretta, in tutto.
    più silenzioso ma altrettanto folle è la gente che corre come mosche impazzite nella underground di londra.

    anche io guido, solo quando costretto e vado piano, a volte vengo ripreso dai miei stessi passeggeri. ma non mi frega niente.
    poi ho recuperato la mia vecchia bicicletta.. e magari questa fretta del cazzo che mi hanno incollato addosso se la porta il vento.

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