venerdì 8 agosto 2014

Degli uomini, degli dei e del ragioniere Casoria


Cari amici del Bradipo, sono stato in dubbio se scrivere questo post o no. Mi sono macerato nel dubbio, fra una zuppa di ceci e pane raffermo (la cucina povera ci salverà nell'era dell'eterna austerità) e un pisolino pomeridiano; infine ho deciso di scriverlo, perchè in definitiva qualcuno si diverte a leggermi, e forse - permettetemi la presunzione - trova rinfrancante essere esposto a idee magari sbagliate, magari sciocche, ma non dettate nè dall'egoismo nè dal narcisismo. Questo è l'angolo dei fessi. Se vi riconoscete tali, avete la mia stima. Prendete una sedia e unitevi a questa nutrita assemblea di gente umile ma onesta.

Qualche volta mi capita di parlare con persone che, per loro fortuna, non hanno avuto modo di constatare fino in fondo di come siamo completamente in balia del ragioniere Casoria; fuor di metafora, non hanno toccato con mano, non hanno provato sulla loro pelle (e come è difficile parlare senza figure retoriche...) la degenerazione criminale del capitalismo italiano. Nel leggere questa ultima frase qualcuno osserverà che il capitalismo è un sistema criminale a prescindere; sì, va bene, ma io parlo di un sistema in cui le dinamiche economiche e lavorative sono ormai in irriducibile antitesi con le stesse leggi dello Stato, e il lavoro, che sia autonomo o dipendente ormai fa poca differenza, è calpestato sistematicamente nella sua dignità, con tutte le conseguenze che possiamo facilmente constatare, dalla disoccupazione dilagante alla riduzione drastica del potere d'acquisto, passando per la distruzione del nostro sistema produttivo e lo smantellamento progressivo ma inesorabile dei servizi pubblici. A quel punto la persona che mi ascolta narrare talune mie vicissitudini si meraviglia, e mi chiede come è possibile che si sia arrivati a questo, e come se ne può uscire secondo me. Mo', non è che io sono in grado, da solo, di portare la specie umana fuori da una delle epoche forse più buie di sempre. Però, se dando il mio umilissimo contributo di riflessioni bislacche, faccio passare dieci minuti piacevoli a qualcuno, mi pare che il mio tempo non sarà stato speso tanto male.

Dunque, parlavo di riflessioni "bislacche". E sì, perchè io ho tutta una serie di idee "originali", che poi in altre parti del mondo sono patrimonio comune, ma in Italia sono limitate a pochi, pochissimi "eccentrici". L'italiano in genere ha un approccio normativo all'analisi dei problemi. Questo è il motivo, secondo il mio umilissimo parere, per cui spesso non è in grado di comprendere i momenti di transizione. Ragiona in termini di "giusto" e "sbagliato", "esatto" e "inesatto", è insomma legato all'idea di una intelligenza ordinante, piuttosto che a quella di una mente come "facoltà passiva", che riceve impressioni dall'esperienza e che le organizza secondo forme precostituite. Entrambi gli aspetti fanno parte dell'esperienza umana, non si dà l'uno senza l'altro, e trovare un equilibrio fra i due è difficile. Parliamo terra terra, come si conviene ai fessi. Noi dobbiamo distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato, ma non lo possiamo fare a priori; dobbiamo sforzarci, in ogni situazione, di pesare i pro e i contro, che poi si traducono in piacere o dolore, benessere o miseria, libertà o schiavitù per esseri umani in carne ed ossa. La maggior somma di felicità per il maggior numero di persone: questo è il bene, per il vostro fesso di riferimento.

Resta il fatto che senza la Legge l'uomo è perso, almeno allo stato attuale della sua evoluzione morale. Perciò io ho sempre un certo timore di chi mi parla di laicità. Sono quelli che venerano un dio così ubiquo nella realtà che viviamo, così preponderante nelle nostre scelte, così dato per scontato da risultare invisibile, a evocare sempre la laicità. Il punto è che nella divinità l'uomo venera in realtà se stesso; ma siccome non esiste l'Uomo, bensì concezioni dell'uomo che di volta in volta diventano egemoni non per qualità intrinseche, ma perché portate avanti con le buone e con le cattive da chi ha più potere in una società, la Legge sarà sempre il cane da guardia della disuguaglianza, il Cerbero che si frappone fra noi e il progresso sociale, politico, economico, morale. E non sto parlando della legge dello Stato. Questa, mi perdonino lor signori, è una semplificazione. Ogni volta che diciamo "questo è giusto e questo è sbagliato" in modo acritico e frettoloso, io sono convinto che noi ci stiamo schierando con il privilegio, con l'autorità, con la sopraffazione, con il mai abbastanzza menzionato ragioniere Casoria. 

Come se ne esce? Questa era la domanda. Ecco, visto che la zuppa di ceci non fa il filosofo, smetto di elucubrare (in effetti rielaborare il pensiero, magari non ben compreso, di pensatori che non citerò, per i motivi su esposti) e torno alla semplicità che mi si addice. Se ne esce insieme. Se proprio abbiamo necessità di una massima che ci guidi, che sia quella di cui sopra: la maggior somma di felicità per il maggior numero di persone. Il che significa mediare, fare compromessi, ascoltare altri punti di vista. Se impariamo a vivere così, arriverà un giorno in cui sarà impossbile distinguere gli uomini dagli dèi. E in quel mondo non ci sarà più posto per il ragioniere Casoria.

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