venerdì 15 agosto 2014

Esternalizzare il male


Cari amici del Bradipo, buon Ferragosto. Voi magari siete in spiaggia, o a visitare qualche bella città. Io, dal canto mio, sono a casa, e nel deserto di senso che sono diventati la mia città, il mio paese, e buona parte del mondo, elucubro senza remore e senza scuorno. Tanto i rubinetti della morale e dell'intelletto si sono chiusi, per cui dubito che qualcuno possa offendersi se provo, nel mio piccolo, a strizzare qualche goccia dagli stracci a cui mi ha ridotto il nuovo che avanza da millenni, trasformandosi continuamente per non mostrare quanto è grottescamente decrepito. Questa è una premessa che non dovete dimenticare mai. Se domani tornassimo ad avere, come paese, come continente, come pianeta, una vita intellettuale e morale dignitosa, io mi ritirerei in buon ordine e mi limiterei a parlare di femmine e pallone. Ma fin quando saremo alla mercè dei sacerdoti di questo o quel culto, con i loro aspersori che tanto spesso si trasformano in oggetti contundenti, io continuerò ad arrogarmi il diritto di dare voce alla mia pochezza genuina e disinteressata.

 Dunque, parliamo del male. E quindi, cosa che ormai non dovrebbe sorprendere più nessuno, parliamo di Napoli. Un po' per ragioni legate alla cronaca nera (pensiamo ad esempio alla sanguinosissima faida del 2003), un po' per il problema rifiuti e la sua gestione criminale, e non poco infne per come il sistema mediatico sfrutta questi dati oggettivi, un'equazione si è consolidata nel pigro, pigrissimo cervello dell'italiano medio: Napoli = Camorra. Anzi, Napoli = Gomorra. E Roberto Saviano è Lot, l'unico uomo probo che valga la pena di salvare dall'ira del Signore, se non altro per consentirgli di raccontare la depravazione di quella città del Demonio. E come la racconta! Con quanta alacrità! L'ultimo prodotto della dedizione del Robertino nazionale è la serie televisiva intitolata, ovviamente, Gomorra. Io, anacoreta incallito e fiero del proprio stile di vita stilita, ero riuscito a ignorarla fino a pochi giorni fa. Poi ho ceduto alla pressione dei pari. Ed ora, poichè non mi va di subire in silenzio, affido a questo consunto blog la mia protesta.

Lasciando da parte il fatto che molti degli attori non sanno recitare e che lo sviluppo della trama non è sempre convincente, vorrei concentrarmi su un altro aspetto, che trovo più interessante. Perchè questa serie ha avuto tanto successo? Certo, perchè nasce da un'idea di Roberto Saviano, mi direte. Allora cambiamo la domanda. Perchè l'infinita "gomorreide" inaugurata dal libro nel 2006 non ha ancora esaurito il suo interesse per il pubblico? Risponderò, come al solito, basandomi sulle mie personalissime impressioni; le quali, per ricollegarmi alla premessa fatta all'inizio del post, valgono almeno quanto i vaneggiamenti ritualistici di qualunque fesso autoproclamatosi "persona intelligente". 

In Gomorra, qualche volta, si esagera. Troppa violenza, troppa cattiveria. Non che i criminali da queste parti non siano così violenti e cattivi. Lo sono. Ma lo sono nei momenti appropriati. Non sono sadici o psicopatici, sono persone lucidamente indurite e amorali. Il fatto è che presentare il male slegato da cause razionalizzabili e, soprattutto, sistemiche, consente di identificarlo come qualcosa che viene da fuori, una specie di invasione da respingere. Questa è, da sempre, la concezione liberale della criminalità. Eppure è un fatto che la malavita napoletana, prima dell'avvento della società dei consumi, era ben poca cosa se confrontata a quello che è oggi. Si è arricchita ed è cresciuta in pericolosità e potenza militare con un'altra invasione, quella dell'eroina. E continua a reggere il suo potere sullo spaccio, anche se le droghe che vanno per la maggiore oggi sono altre. Insomma, la "Camorra", termine obsoleto che ci ostiniamo a usare, guadagna stando sul mercato. Le guerre che le multinazionali si fanno a botte di avvocati, spionaggio industriale e via dicendo, i camorristi se le fanno con le armi. Per il resto, sono imprenditori come tutti gli altri, se non fosse che a loro è toccata una fetta del mercato "maledetta".

Abbiamo esternalizzato il male. Lo abbiamo delegato. Spesso si dice che gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare. Ecco, e allora si potrebbe dire anche che i figli della Napoli popolare fanno i lavori che gli italiani di Serie A rifiutano. E, come gli immigrati non vengono certo ringraziati per averti messo i pomodori sulla tavola, le organizzazioni criminali campane, siciliane, calabresi, che con tutti i loro brutti ceffi e la loro grammatica discutibile immettono nell'economia italiana una considerevole liquidità (perchè questo sistema funziona con i capitali, non con i principi morali...), si devono beccare anche il biasimo del telespettatore. Del resto, siamo in pieno territorio liturgico. Io, da eretico ed eremita quale sono, me ne torno sulla mia colonna ad ignorare deliberatamente il mondo, fin quando non si degnerà di ragionare.


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