sabato 2 agosto 2014

Lo sporco Harry


Cari lettori, dovete sapere che quando il vostro umile servo era un meraviglioso pargolo dalle fattezze di cherubino nelle case degli italiani c'era in genere un solo apparecchio televisivo, e qualche volta neanche quello. La sera si guardava tutti insieme il film delle 20.30, e non capitava raramente che la famiglia litigasse per decidere su quale canale sintonizzarsi. Il Cavaliere aveva già fatto il suo roboante ingresso del mondo dell'intrattenimento catodico, aggiungendo alle tre reti Rai prima Canale 5, poi Retequattro, e infine Italia 1. Se la memoria non m'inganna, fu quello l'ordine in cui tre nuove reti furono offerte al pubblico italiano, con una programmazione innovativa rispetto alla TV di Stato. Una delle caratteristiche che emersero subito fu la predilezione delle reti commerciali per i prodotti statunitensi, sia cinematografici che televisivi. E, soprattutto, la scioltezza con cui venivano messi insieme i palinsesti. Mentre la televisione pubblica (che in realtà era, allora come oggi, dei partiti) seguiva chiare linee ideologiche nella scelta dei contenuti tasmessi, e si faceva scrupolo di proporre prodotti di dubbio valore culturale, Canale 5 e le sue sorelle mandavano in onda qualsiasi cosa che promettesse audience.

Era l'Italia dei primi anni Ottanta, l'Italia che aveva sconfitto da pochissimo le BR e la lotta armata, l'Italia che voleva bene a Berlinguer, con un presidente partigiano e il titolo di campione del mondo in bacheca. L'economia era in netta ripresa dopo la lunga depressione dei Settanta, si respirava ottimismo e voglia di evasione. D'altro canto, rimanevamo i bigotti di sempre, e il minimo diverbio rischiava sempre di trasformarsi in una guerra di religione. Uno di questi ricorrenti diverbi, frequente in casa mia a ora di cena, riguardava il cinema americano. Secondo mia madre registi come John Ford e Howard Hawks erano "fascisti", in quanto dal loro cinema emergeva una visione della vita che ella, ignara della cultura anglosassone e ad essa punto interessata, traduceva con una disinvoltura da Babelfish in "fascismo". Mio padre, che amava quei film e non ci vedeva quello che ci vedeva la sua dolce metà, si faceva comunque trascinare sullo spinoso terreno dell'ideologia, della Storia e della politica, e così ben presto si finiva a litigare sull'imperialismo statunitense e sulla limitatissima sovranità del nostro povero paese. Io, bimbo dalle rubizze gote, ho appreso di eventi come la strage di Portella della Ginestra e la bomba di Piazza Fontana a tavola, in tenzoni dialettiche che partivano dai sentieri Comanche e finivano sempre, per sinistra fatalità, dalle parti di via Fani o via Gradoli.

Ricordo una sera in cui uno dei canali privati dava un film di Callaghan, mi pare Ispettore Callaghan, il caso Skorpio è tuo. Io, naturalmente, amavo Dirty Harry. Ma l'Italia che amava Berlinguer e che esultava per la vittoria della democrazia sulle forze del disordine e dell'avventurismo non poteva apprezzarlo. Non poteva capire che Callaghan è un eroe anglosassone, germanico, calato in una realtà contemporanea, con annessi e connessi. Lui è un individuo solo, che da solo deve portare il peso di un ineludibile imperativo morale. Quei film ci chiedono di identificarci con la sua condizione, non con la sua visione del mondo. E questo perchè Callaghan non è un animale politico; ripeto, è un uomo condannato alla solitudine. Ma per mia madre, saldamente convinta della assoluta supremazia della cultura italiana come tutte le insegnanti di italiano della sua generazione, era naturale riportare tutto a categorie a lei congeniali. Dunque, Callaghan era fascista. Fortunatamente, al momento del voto, eravamo in tre contro una. Dirty Harry l'ebbe vinta. Per fortuna, aggiungo. Forza e violenza sono concetti problematici, e io penso che per un bambino sia più educativo un film di Callaghan che non mille edificanti parabole in elogio di quella "democrazia" che da allora ad oggi ha continuato a strizzarci le palle in modo così graduale che non ce ne siamo nemmeno accorti, e ci ha lasciato ormai senza un paio di coglioni servibili, e senza prospettive.

Non dico che i  nostri problemi si debbano risolvere con una 44 Magnun, non fraintendetemi. Fareste l'errore di mia madre. Sostengo che sia necessario distinguere fra la violenza e la forza, fra l'aggressione e l'autodifesa, fra l'imporre agli altri il proprio arbitrio e lottare affinché gli altri non impongano il loro a noi. Il mondo non è un luogo benevolo e ben ordinato. Non lo è mai stato, e forse mai lo sarà completamente. Il mondo è sporco. L'essere umano mente, ruba, inquina, stupra, uccide, e trova anche il modo di fasi dare ragione da chi non sa come reagire, o ha paura di farlo. E chi prova a fare pulizia rischia di sporcarsi. Come quell'integerrimo, cazzutissimo "fascista" di Dirty Harry. E allora io non lo biasimo se alla fine della pellicola in questione, in un gesto di amara ribellione che farebbe accapponare la pelle ai Rodotà e agli Zagrebelsky, getta in acqua un distintivo che non rappresenta più niente. Anche quello, cari amici del Bradipo, è fare pulizia.

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