martedì 5 agosto 2014

La dittatura dell'onestà


Cari amici del Bradipo, dovete sapere che la vita mi ha somministrato potenti dosi di amarezza e disillusione, soprattutto di recente. Mi paragonerei al protagonista di un tango di Gardel, se non fosse per il timore di essere tirato in ballo. E io, cari amici, non so ballare, se per ballare non intendiamo imitare, dopo aver ingerito un certo numero di pinte di birra, un orso zoppo morso da una tarantola. Per questa ed altre ragioni a volte mi è sembrato di essere un inglese nato nel paese sbagliato. Ma sto divagando. Il punto è che la vita mi ha castigato e mi ha insegnato il suo credo amaro. E lo ha fatto, cosa che non dovrebbe sorprenderci affatto, soprattutto nella dimensione lavorativa. 

Il lavoro, oggi, in Italia, è motivo di cruccio e preoccupazioni per un numero crescente di persone. Io ne faccio parte. Questa è la premessa per spiegarvi il motivo per cui ho tanto tempo libero per pensare (concetto su cui torneremo) e per giustificare la centralità quasi ossessiva del lavoro nelle mie oziose riflessioni. Ho letto da qualche parte che un uomo pensa al sesso non so quante centinaia di volte in una giornata. Io no. Io penso con frequenza e intensità maniacali al lavoro.

Questo, nonostante i miei tentativi di evitarlo, sarà un post pesante. Si capisce già benissimo. Se volete andare avanti con la lettura, siatene consapevoli. Io vi ammorberò. Dunque, il lavoro. Io sono un lavoratore, o aspirante tale. Inoltre, sono un moralista. Per molti questo è un difetto, io lo rivendico come virtù. Anche su questo torneremo. In ultimo, io sono uno che si fissa sulle cose. Quando intravedo un barlume di verità in qualcosa, me ne innamoro. Per questo mi sono innamorato di un capolavoro di un certo cinema apparentemente d'intrattenimento che si faceva in Italia negli anni Cinquanta: La banda degli onesti. Io credo che la lotta fra ciò che rappresentano Buonocore, Cardone e Lo Turco da una parte, e il ragioniere Casoria dall'altra, sia una straordinaria allegoria della vita pubblica di questo paese, ed entro certi limiti di tutto il mondo.

Economia politica per semi-analfabeti (fatta da un semi-analfabeta). A cosa serve il denaro, nelle nostre vite quotidiane? A permetterci di acquistare i prodotti del lavoro. E come ottiene il denaro, un lavoratore? Lavorando e producendo a sua volta. Dunque, il denaro è una forma di mediazione fra produttori. Ma non è solo quello. E qui entra in gioco il grandissimo film di cui sopra. Il denaro è credito, con la rispettiva contropartita del debito. Se io Buonocore entro in una tabaccheria con una carta da diecimila contraffatta, che dunque non è stata comprata dal lavoro di nessuno, il tabaccaio mi dà lo stesso la saponetta Palmolive (a patto naturalmente che non si accorga della falsificazione). Se il ragioniere Casoria trova un portiere compiacente, si mette in tasca l'equivalente di otto quintali di carbone. Il denaro, come diceva l'arabo pazzo circa la proprietà, è al contempo libertà e furto.

E veniamo al moralismo. Il ragioniere Casoria è un nostro nemico, indubbiamente. Ma fargli la guerra per sostituirsi a lui non è la soluzione. Impadronirsi delle matrici e della carta filigranata (da non confondersi mai con il papier higyénique) non risolve niente. La soluzione è la dittatura dell'onestà. O la dittatura del lavoro, è la stessa cosa. 

Torniamo al pensare, attività degli oziosi. Il pensiero produce ipotesi, possibilità da esplorare. Ma non produce cambiamenti nella realtà sensibile, fino a quando non è tradotto in azione individuale o collettiva, consapevole o meno. E veniamo al passaggio più difficile di questo ginepraio logico in cui mi sono scientemente cacciato come il deficiente che sono. Adesso dovrei tirare le fila del discorso, e possibilmente chiudere in bello stile il post. Mi preparo all'ennesimo fallimento della mia vita ma ci provo, hai visto mai...

Il pensiero politico è pensiero eminentemente morale. Alcuni di voi sono appena trasaliti, lo so. E chi se ne frega. Il pensiero politico non serve a una mazza se non si traduce in agire consapevole, e quindi è un'attività morale. Oggi il ragioniere Casoria spadroneggia. Da un momento all'altro ci piomba in casa un Memmo Carotenuto con la sua signora e si lamenta della puzza di broccoletti. O dichiariamo guerra ai ladri, o ci fottiamo. Ed è una guerra che si combatte, cari i miei loro, solo con le armi dell'onestà. O del lavooro, che è la stessa cosa.

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